lunedì 28 novembre 2011

FEDERALISMO INEVITABILE PER TAGLIARE GLI SPRECHI

Chi si aspettava miracoli da Mario Monti, oggi si è convinto del contrario. Per via della lentezza nel promuovere quelle azioni riformatrici che il Presidente Napolitano prima e l'Europa poi hanno preteso. Molti hanno definito l'incarico a Monti, da parte del Presidente della Repubblica, come un insulto alla democrazia. L'articolo 92 della costituzione italiana lascia intendere tale ipotesi, ma non nella forma attuata, in cui un governo legittimamente eletto possa essere dimesso senza una sfiducia parlamentare.

Da troppo tempo e da più parti si auspicava l'istituzione di un governo tecnico che sapesse aggredire la disastrata economia, rilanciare l'occupazione, mettere in ordine i conti pubblici e, magari, tagliando i previlegi della casta e distribuire qualche euro ai lavoratori.

Invece, giornali e televisioni ci preannunciano stangate: aumento di tasse, sacrifici, lacrime e sangue ... sempre a carico dei lavoratori, dei pensionati e non già ai banchieri, veri colpevoli della crisi finanziaria.

Vorrei condividere con i cittadini alcune perplessità:



  1. Chi dovrebbe sostenere questo Governo tecnico?


  2. E' veramente un Governo tecnico quello di Mario Monti?


  3. Può davvero questo Governo risollevare la nostra economia?

Il Governo ha giurato a tempo di record. Ne fanno parte (vedi Libero del 17.11.2011) :




  • Paola SEVERINO - Giustizia - Quota banche - Vaticano;


  • Corrado PASSERA - Sviluppo, Trasporti e Infrastrutture - Quota banche-Rcs;


  • Elsa FORNERO - Welfare - Quota banche e sinistra torinese;


  • Andrea RICCARDI - Cooperazione internazionale - Quota S. Egidio-Rcs;


  • Lorenzo ORNAGHI - Beni culturali - Quota card. Ruini;


  • Gianpaolo DI PAOLA - Difesa - Tecnocrate bipartisan;


  • Corrado CLINI - Ambiente - Tecnocrate bipartisan;


  • Mario CATANIA - Politiche agricole - Tecnocrate bipartisan;


  • Francesco PROFUMO - Istruzione - Quota sinistra torinese;


  • Fabrizio BARCA - Coesione territoriale - Quota Prodi-Ciampi;


  • Piero GIARDA - Rapporti col Parlamento - Quota Prodi-banche;


  • Piero GNUDI - Turismo e Sport - Quota Prodi-Casini;


  • Annamaria CANCELLIERI - Interno - Quota Casini;


  • Enzo MAOVERO MILANESI - Affari europei - Quota Monti;


  • Giulio TERZI DI SANT'AGATA - Esteri - Quota Fini;


  • Renato BALDUZZI - Salute - Quota Bindi.

Tutte degnissime ed autorevoli persone, ma non mi sembrano rappresentare la maggioranza uscita dalle urne nel 2008.


Chi è meno giovane, ricorderà un certo Mario Monti, sottosegretario al Bilancio dal 1989 al 1992 - Ministro Cirino Pomicino - Governo Andreotti VI-VII. Il debito pubblico al momento dell'insediamento ammontava a 553.140.900.000 euro, attualizzati ad oggi. A giugno 1992 il debito pubblico era salito alla cifra di 799.500.700.000 euro, con un incremento del 44,53% in tre anni, ed è tra i record assoluti della storia della Repubblica italiana.


La spesa pubblica: è passata da 254.418.970.000 a 371.209.895.000 euro, con un incremento pari al 45,90%. Altri tempi si dirà, ma questi sono i fatti.


Beppe Grillo ha detto che Monti e Co. sono stati nominati dallo spread e non dal popolo italiano, mentre il Presidente Casini, il 10 novembre scorso, disse: Se nascesse un governo guidato da Monti lo spread si ridurrebbe. Anche il prof. Rocco Buttiglione, il 9 e il 12 novembre scorso disse: Le dimissioni di Berlusconi valgono 300 punti di spread ... il Presidente della Repubblica è stato geniale a nominare Monti senatore a vita, un preincarico che ha fatto calare di 70 punti lo spread. Molti altri politici di sinistra si sono espressi in maniera analoga.


FEDERALISMO INEVITABILE PER TAGLIARE GLI SPRECHI


Martedì 22 novembre scorso è apparso su Libero un articolo di Marco Nicolai - Professore di finanza aziendale straordinaria presso l'università degli studi di Brescia - il quale commentava un passo del libro di Luca Ricolfi: La Repubblica delle tasse. Perchè l'Italia non cresce più. Quello che condivido fermamente è il concetto che l'autore sostiene che nella decrescita nazionale, il Mezzogiorno, nonostante i suoi atavici problemi, ha goduto in realtà di un vantaggio competitivo dovuto all'evasione fiscale, che gli ha permesso una crescita con un Pil superiore, sebbene non di molto, a quello del Nord (1,3% contro lo 0,9%). Soprattutto gli ha permesso in questi anni di recuperare in termini di consumo e potere di acquisto, guadagnando un tenore di vita medio equiparabile a quello delle regioni del centro-nord, secondo alcune valutazioni anche superiore, mentre il proprio contributo produttivo è drasticamente inferiore con un prodotto per abitante che non raggiunge il 60% di quello del Nord. Un tenore di vita garantito dall'evasione che ha alimentato il debito pubblico, così che, dopo tanti anni, il crocevia della crescita nazionale è ancora il federalismo, con una azione che avrebbe dovuto incidere su questi aspetti, non solo riequilibrando risorse tra nord e sud, ma soprattutto stabilendo principi di meritocrazia ed efficienza, presupposti essenziali per la crescita e la lotta all'evasione fiscale. Un sistema di premi e punizioni che rendesse conveniente per tutti diventare più efficienti, parsimoniosi e rispettosi dei doveri fiscali.


Accelerare l'attuazione dei decreti attuativi del federalismo fiscale approvati dal Governo che è stato dimissionato - e che non è riuscito a portare a termine - è l'unico vero obiettivo per salvare il nostro Paese. Può farlo un Governo definito tecnico?