sabato 7 gennaio 2012

LA VERITA' SULL'IMMIGRAZIONE

La notizia secondo cui il Governo Monti & Co. vogliono abolire l'imposta (voluta dal Governo Berlusconi e dalla Lega) che gli stranieri in Italia dovrebbero pagare per ottenere il permesso di soggiorno ha fatto molto scalpore tra l'opinione pubblica. Accolta con entusiasmo dalla sinistra, tradizionalmente intesa, e alla CEI (Conferenza Episcopale Italiana). Ma quanti stranieri sono presenti nel nostro Paese? Caritas-Migrantes, nel XXI Rapporto sull'immigrazione 2011, stima 4.570.317 stranieri regolari (pari al 5,7% della popolazione italiana, con un incremento di 335.258 unità rispetto al 2010), concentrati principalmente in Lombardia (23,3%), in Veneto (11,7%), in Lazio (11,6%), in Emilia Romagna (10,8%), in Piemonte (9%), in Toscana (8%) e, con percentuali minori, in tutte le altre regioni.

La stessa Organizzazione stima in oltre 500.000 gli stranieri irregolari. Tutti sappiamo che il numero di "clandestini" sono in numero assai maggiore ed è corretto pensare ad una cifra pari a circa 6 milioni di persone straniere tra regolari ed irregolari. Secondo lo stesso Rapporto, gli iscritti a scuola nell'anno scolastico 2010-2011 corrispondono a 709.826 unità (7,9% della popolazione studentesca); 228.540 sono i piccoli imprenditori e circa 2 milioni sono i lavoratori che versano complessivamente oltre 7 miliardi/anno di contributi previdenziali. Quindi una ricchezza per il nostro Paese, perché si occupano dell'assistenza alle famiglie, agli anziani e agli ammalati e sta pagando duramente la crisi in termini di disoccupazione, malgrado renda più di quanto costi alle casse dello Stato.

Ad una attenta analisi, le uscite per la popolazione straniera risultano di gran lunga superiori, tanto da essere paragonate a due finanziarie tremontine. Vengono dichiarati 2,8 miliardi per la spesa sanitaria; è credibile che per una spesa sanitaria complessiva di 106 miliardi solo il 2,7% sia stato speso per quasi l'11% della popolazione straniera? Le stime più accreditate parlano di circa 10 miliardi (tra regolari e clandestini). La spesa scolastica, secondo Caritas-Migrantes ammonta a 2,8 miliardi per gli stranieri e cioé il 4,5% della spesa complessiva dell'Istruzione (57 miliardi), quando questi rappresentano il 7,5% della popolazione scolastica. E' più corretto indicare una spesa di circa 4,3 miliardi. Sempre secondo l'organizzazione caritatevole la spesa carceraria ammonta a 2 miliardi circa. In realtà il Ministero della Giustizia spende ogni anno, a tale titolo, quasi 8 miliardi. A fronte di una popolazione carceraria straniera, pari al 36,3% (quasi 25.000 carcerati stranieri), la spesa più corretta dovrebbe salire a 2,7 miliardi. Si risolverebbe il sovraffolamento delle carceri se si rimandassero nei loro paesi d'origine. A questa somma dovrebbe aggiungersi tutte le spese per carabinieri e gli organi di polizia implicati nella gestione. Si dichiara, inoltre, una spesa di 1 miliardo per le pensioni (294.025 percettori). Bisogna aggiungere, senza entrare nel dettaglio economico, le spese per assegni familiari, sussidi ai disoccupati, ai cassaintegrati, alla spesa sociale dei comuni, alla spesa per l'edilizia pubblica, alle operazioni di vigilanza e di polizia, agli sgomberi degli abusivi, al lavoro della Guardia costiera, agli effetti nefasti sul valore degli immobili nei quartieri occupati dagli stranieri, alla gestione dei centri di assistenza ed espulsione, ecc.. La cifra spesa per i rifugiati politici è pari a 1,7 miliardi/anno. Infine, secondo l'Eurispes, gli immigrati regolari in Italia avrebbero trasferito, nel 2007, rimesse verso i loro paesi d'origine circa 6 miliardi, anche se la banca mondiale stima l'ammontare del reale trasferimento ad almeno il doppio. Dunque, pochi euro restano in Italia.

L'immigrazione è una risorsa sostengono in molti, in realtà lo Stato, secondo stime prudenti, paga una cifra vicina ai 35 miliardi, a fronte di circa 7 miliardi di contributi previdenziali versati dagli stranieri regolari.

Il contributo per il permesso di soggiorno in discussione si differenzia per la durata; lo straniero versa una somma di 80 euro per una durata del permesso da 3 a 12 mesi, 100 euro da 12 a 24 mesi e 200 euro per un lungo periodo. A queste somme va aggiunto un ulteriore contributo di 27,5 euro per le spese relative al documento elettronico. Sono esclusi dal pagamento i minori regolarmente presenti sul territorio nazionale, i cittadini stranieri che entrano in Italia per ricevere cure mediche e i richiedenti asilo politico. Il contributo per il permesso di soggiorno agli stranieri è esteso a quasi tutti i Paesi della UE, con importi di gran lunga superiori a quelli italiani, per disincentivare l'immigrazione sui propri territori.

I nuovi ministri dal cuore d'oro stanno spremendo famiglie e lavoratori italiani con decine di balzelli, ma pensano di abolire l'imposta che gli stranieri dovrebbero pagare per il permesso di soggiorno, adducendo il fatto che la "crisi colpisce anche loro". Si volge lo sguardo da una parte (giusto e comprensibile), ma si dimentica che i nostri pensionati devono fare i conti con l'ennesima riforma previdenziale, i cassaintegrati, i lavoratori in mobilità o addirittura licenziati che devono fare i conti con le nuove tasse, con il rincaro delle bollette. Cosa dovrebbero dire i piccoli imprenditori che sbattono la testa ogni giorno contro la babele di carte e bolli e si trovano una concorrenza sleale degli stranieri, senza che lo Stato intervenga?

Siamo davvero degli straccioni, che meritano solo di essere bastonati.

venerdì 6 gennaio 2012

IL FEDERALISMO CHE NON VERRA'

Lo Stato unitario non è in grado di affrontare e di soddisfare i suoi compiti. Questo è dimostrato anche dai troppi decreti che il Governo è costretto ad emanare su questioni delicate, appunto, perché i partiti non riescono a trovare soluzioni parlamentari. Ciò dipende anche da:



  1. assenza di una nazione unitaria per effetto dell'esistenza di regioni autonome a statuto speciale (oggi non più giustificabile);


  2. troppe sono le diseguaglianze economiche tra le regioni del nord e quelle del sud;


  3. troppo distanti sono le culture antropologiche tra nord e sud (questo è un atteggiamento non razionale che fa dire a chi appena sente parlare di federalismo: "E' un male");


  4. "Coloro i quali ritengono che esistono dei limiti nella mutabilità di parti determinate della Costituzione non trovano nessun fondamento per le loro idee nella ragione e nel buon senso" ... infatti "la Costituzione repubblicana non deve essere considerata qualcosa da fare una volta per sempre e poi fermi tutti; dovremo abituarci all'idea di un suo cambiamento continuo, progressivo. Essa fissa per un tempo determinato certe norme fino al momento in cui non si decide di cambiarle" (Gianfranco Miglio - Discorsi parlamentari 1992).

Spiace doverlo dire, ma quei partiti che sono stati premiati dal voto perché professavano il Federalismo hanno fallito la loro missione ed hanno piuttosto preferito affondare mani e piedi nella "Roma ladrona". Di fronte alla inadeguatezza dello Stato a garantire giustizia ed equità tra i cittadini (è sotto gli occhi di tutti l'isterismo vessatorio del Governo, che manca del sufficiente pudore di dare il buon esempio in fatto di moralità ed equità nelle misure economiche) eravamo ancorati alla buona idea del Federalismo proposta da Miglio e cioé quello di costruire le basi di un sistema politico alternativo allo stato nazionale, il quale sta diventando sempre più un "pozzo senza fondo", capace solo di ingrassare se stesso.


Costi standard, trasparenza, lotta al clientelismo (vero cancro del nostro sistema a tutti i livelli), lotta al potere per il potere, solidarietà e sussidiarietà reali, non demagogiche, smantellamento delle caste professionali e politiche (si sconfiggerebbe anche l'evasione), giustizia sociale, dovrebbero essere parti essenziali di un vangelo positivo per il Paese.


Constato, con amarezza, che questa classe politica incapace di promuovere il cambiamento, ha fallito la mission.