Che serve conquistare una laurea in economia se i professori sono quelli che occupano le sedie del Governo italiano. Nominati per sollevare l'economia nazionale ci hanno rifilato una montagna di tasse (57 per la precisione in pochi giorni di governo), portando la pressione fiscale reale nel 2012, tra il 52-53%, e nel 2013 e 2014, tra il 53-54%, (fonte CGIA di Mestre), la più alta al mondo e innalzando il debito pubblico alla cifra record (anch'esso assoluto) di 1.935.829 milioni di euro.
Così, se nel precedente Governo sette milioni di famiglie disponevano di risorse per tre settimane, anziché un mese intero, ora come faranno?
E pensare che l'82% delle entrate tributarie provengono dalle buste paga dei dipendenti e dei pensionati. In 100 giorni i nostri professori accademici hanno imposto al Parlamento 12 decreti-legge con il regime del voto di fiducia, senza cioè la possibilità di modificarne una virgola da parte dei deputati e senatori (qualcuno sosteneva che i decreti legge del Governo dovevano rappresentare l'urgenza e la necessità di un provvedimento indispensabile ed inderogabile).
Ieri, però, si è aperto uno spiraglio di democrazia per la presentazione alla discussione in Parlamento del decreto legge di riforma del lavoro, con la formula del "salvo intese". Un decreto che non porta alcuna novità fondamentale, anzi peggiora le già complicate norme dell'articolo 18 del Codice del Lavoro (legge 300/1970).
Ma siamo confortati dallo sponsor di Monti: il Presidente della Repubblica "il dodicesimo uomo in campo, dopo essersi tolto la maglia dell'arbitro". Dice il Presidente a proposito della riforma del lavoro: NOI andremo ad una discussione in Parlamento dove si confronteranno preoccupazioni e proposte. Ma sono convinto che si arriverà ad un risultato del quale si potranno riconoscere i meriti e le validità ... non credo che NOI stiamo per aprire le porte ad una valanga di licenziamenti facili sulla base dell'articolo 18". Se permane questa pressione fiscale, l'Italia non uscirà dalla crisi se non saranno incentivati i consumi, calerà la produzione industriale, e le aziende chiuderanno in barba all'articolo 18. Lo capisce anche un bambino che per rilanciare il mercato bisogna ridurre il costo del lavoro (per attrarre gli investimenti e l'occupazione), bisogna ridurre la pressione fiscale (almeno di 20 punti) se vogliamo che tutti amino le tasse. E' necessario ridurre la spesa pubblica. Come? attraverso l'introduzione del FEDERALISMO, eliminando gli enti inutili e doppi, dimezzando i parlamentari, razionalizzando e sburocratizzando la macchina pubblica. Inoltre, c'è la necessità di introdurre la moralizzazione delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni. Non è possibile, per esempio, che la Sicilia abbia bisogno di 25.000 dipendenti e la Lombardia riesca egregiamente ad essere governata con soli 3.000 dipendenti.
Che il Governo Monti sia esasperatamente romanocentrico lo dimostra un recente provvedimento che ha ratificato la Carta europea delle lingue regionali e minoritarie, provvedimento che autorizza l'insegnamento nelle scuole italiane delle lingue regionali, quali: il sardo, il friulano, il ladino, l'occitano, il francese, il franco-provenzale, il croato, lo sloveno, il greco, il germanico, il catalano, l'albanese. Noi VENETI (figli della Serenissima Repubblica) siamo dei cretini; siamo la solita vacca da mungere di tasse, ma anche buona dimora per i soggiorni obbligati dei mafiosi.
Per favore, liberateci dai professori! ridateci il voto!
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